24 dic 2010

Natale a Betlemme

Il grande albero di Natale illuminato accoglie al centro della piazza della Mangiatoia il flusso dei turisti, tornati quest'anno in massa a Betlemme in vista del giorno piu' importante dell'anno: una manna per la citta' di Gesu', altrimenti depressa e attraversata da molte ombre, e in cui una persona su tre non ha lavoro.

''Un fermento del genere si vede solo sotto Natale - sospira Isha', tassista, mentre procede come puo' per le strade intasate -, tutti impazziscono, anche il traffico. Io pero' sono contento: i pellegrini portano guadagno e un soffio di speranza''. Nel luogo-simbolo della Cristianita', Natale significa anche affari. La citta' si veste di luci, e si prepara come meglio puo' per accogliere il fiume di ospiti; solo in questi giorni ne sono attesi 90mila, 20mila in piu' rispetto al 2009. ''Tutti gli hotel sono pieni, le persone prendono alloggio in monasteri, o presso case di religiosi'', assicura all'ANSA il vice sindaco, George Saade. ''Il periodo natalizio - spiega - e' cruciale per la nostra economia. Gli introiti maggiori vengono dal turismo, che noi cerchiamo di incentivare organizzando un fitto calendario di eventi''. E i turisti in questo 2010 non sembrano deludere le aspettative, come ha sottolineato nei giorni scorsi con sollievo, nel suo messaggio pre-natralizio, lo stesso patriarca latino di Gerusalemme, monsignor Fouad Twal: nel corso dell'anno la citta' ne ha accolti finora 1.1 milioni.

Ma i cittadini di Betlemme non sono gli unici a darsi da fare per attrarre i turisti: anche gli israeliani vogliono partecipare a questo mercato; e interessi comuni portano a sforzi condivisi. Di recente il ministro del Turismo israeliano, Stas Misezhnikov, ha parlato di ''collaborazione fruttuosa'' con l'Autorita' nazionale palestinese (Anp): almeno su questo fronte e nonostante lo stallo dei negoziati di pace. Misezhnikov ha poi sottolineato che in occasione delle feste l'esercito israeliano sta concedendo permessi speciali ai fedeli arabi cristiani per accedere ai luoghi santi.

Ma Saade, sulla cooperazione con Israele, si mostra assai meno entusiasta: ''E' vero che in questa stagione festiva c'e' un piu' alto livello di collaborazione, ma non esageriamo. Anche la storia dei permessi speciali e' reale soltanto in parte. Molte richieste sono state respinte o restano senza risposta. A mia madre, ad esempio, che e' un'anziana signora, il permesso di andare a Gerusalemme e' stato negato''. Anche a Natale, la politica e il conflitto restano d'altronde ben presenti: addobbi e luminarie non bastano a nasconderli. Come non bastano a nascondere la dura situazione economica e sociale di Betlemme, citta' dove 2000 anni fa nacque il cristianesimo, ma da dove oggi i cristiani, gradualmente, rischiano di scomparire. La loro fuga, secondo Bernard Sabella, studioso palestinese del fenomeno, ''e' colpa in primo luogo del muro di separazione che divide Israele e i Territori''.

D'accordo, pur senza basi accademiche, si dichiara Milad, che gestisce un chiosco di fronte alla basilica della Nativita' e va subito al concreto: ''Molti di noi - dice - facevano i pendolari, andavano a Gerusalemme a lavorare. Ma da quando bisogna attraversare il check-point non e' piu' tanto facile, e i giovani preferiscono trasferirsi''. I numeri parlano chiaro: ''Oggi in tutta la Cisgiordania i cristiani sono scesi ad appena l'1.25% della popolazione: una percentuale infima'', commenta Sabella. Piu' d'uno ipotizza del resto che tra le ragioni di questo esodo vi sia pure un inasprirsi del conflitto interpalestinese tra cristiani e musulmani-radicali: alimentato in particolare dall'ascesa dei sostenitori di Hamas, presenti in forze - attraverso liste civetta - anche nel consiglio comunale di Betlemme, malgrado la citta' resti amministrata da Fatah, il partito del presidente moderato dell'Anp, Abu Mazen. L'esperto, pero', minimizza questo elemento: ''C'e' un problema d'intolleranza religiosa anche qui - ammette -, ma la Cisgiordania non e' la Striscia di Gaza e il governo di Abu Mazen e Salam Fayyad sta facendo un ottimo lavoro per garantire la sicurezza personale e l'ordine pubblico''. ''Se i cristiani scappano - conclude - e' per altre ragioni: perche' non c'e' lavoro e per la difficile condizione politica'' di una terra che resta senza pace anche a Natalehttp://www.ansa.it/

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