8 giu 2009

29 giugno: San Pietro e Paolo..festa a Roma

Il 29 giugno tutti i romani fanno festa!
Infatti, si ricordano i loro patroni, i Santi Apostoli Pietro e Paolo.
Pietro, che fu uno dei dodici apostoli di Gesù Cristo, morì crocifisso nel 67 d.C. dopo aver predicato il vangelo per tutta la vita. Dai racconti degli evangelisti abbiamo il ritratto di un uomo dal forte carattere, controverso, pieno di debolezze e forse proprio per questo così umano, così vicino a noi. Gesù gli diede il ruolo di fondatore della Chiesa universale (di cui è patrono), chiamandolo Pietro, proprio per distinguere la sua particolare missione, quella di essere la "pietra" su cui fondare la sua chiesa (il suo nome originario era Simone).
La sua tomba si trova nella Basilica del Vaticano. Di lui sono molte le immagini che ricordiamo, e nell'immaginario popolare si fa riferimento a un uomo con una folta barba bianca che tiene con sé le chiavi del paradiso, e decide chi può entrare e chi no. E' patrono di macellai, pescatori, taglialegna, fabbri, fornai, calzolai ed anche dei costruttori di ponti.

Programma di riti ed eventi della Festa di San Pietro e Paolo a Roma

Il Papa impone il Pallio (una specie sciarpa di lana bianca) ad alcuni vescovi della città, che rappresenta l'unione tra la Chiesa Universale e quelle locali
Il Papa bacia il piede della statua di bronzo di San Pietro, adornata con il "piviale" rosso
Al tramonto si svolge la processione, che porta la catena di San Paolo, formata da 14 anelli di ferro
http://dreamguides.edreams.it/italia/roma/29-giugno-san-pietro-e-paolo

6 giu 2009

D-Day

Il temine D-Day viene usato per riferirsi allo sbarco in Normandia del 6 giugno 1944, che segnò l'inizio della liberazione dell'Europa continentale dall'occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale.

lle 6 del 6 giugno 1944 l'operazione anfibia alleata denominata "Overlord" era ormai vicina al suo climax. Nel pieno della notte, verso le 2.30 antimeridiane, le LSH (Landing ship Headquarters, Navi da Sbarco, Comandi Generali) Bayfield e Ancon avevano già raggiunto le 11 miglia dalle spiagge Omaha e Utah. Pochi minuti dopo, l'immensa flotta di piccole imbarcazioni, carri armati anfibi, mezzi dei genieri e ogni altro strano vascello utile per lo sbarco cominciò la sua lenta traversata verso il bersaglio designato. Per rispettare l'ordine di attaccare con la marea crescente, l'invasione avvenne in orari differenti da Ovest a Est, partendo dalle 6.30 AM di Utah Beach fino alle 7.20 AM circa della spiaggia Sword. L'avanzata americana verso le spiagge fu lenta e si protrasse per tre lunghe ore. Le Landing ship col loro fondo piatto come previsto erano difficili da governare su un mare molto agitato. Coloro che avevano passato in mare il 4 giugno raccontano che al confronto il beccheggio di quella giornata era una tranquilla gita su un lago se paragonato a ciò che dovettero passare nel D-Day. Alle 5.50 AM le navi della US Navy e della Royal Navy, che dovevano dare l'appoggio tattico alla fanteria, arrivarono nella zona delle 7 miglia nautiche dai bersagli. Da lì cominciarono il pesante bombardamento costiero che doveva servire per annichilire le difese tedesche.

Tutto sembrava procedere nella più assoluta tranquillità, quando improvvisamente sopraggiunsero 3 E-Boat (o S-Boat che dir si voglia) che riuscirono ad affondare lo sfortunato cacciatorpediniere norvegese Svenney. Sarà l'unica vittima navale alleata delle prime ore d'invasione. Pur essendo quasi insignificante, quest'attacco dimostra come la Kriegsmarine fosse a conoscenza dell'avvicinarsi della flotta d'invasione e che si fosse tentata una resistenza. La pochezza dei mezzi a disposizione e la potenza dei bombardamenti aerei alleati sui porti di Le Havre e Cherbourg consentì come unica risposta al fuoco nemico solo quella misera, ma coraggiosa, sortita di motosiluranti di cui abbiamo appena parlato.


Alle 6.30 i primi soldati americani della 4a divisione di fanteria americana cominciarono a sbarcare a Utah Beach. La risacca era minima, la resistenza tedesca ancora inferiore. Tutto si svolse come pianificato. Dieci minuti dopo il primo soldato, scese a terra il generale Theodore Roosevelt Jr, membro della famiglia Roosevelt di Oyster Bay che aveva già dato un presidente agli Stati Uniti, ma che era solo omonimo di Franklin D. Roosevelt. Egli si accorse che incredibilmente la corrente marina aveva trasportato le imbarcazioni d'assalto su una spiaggia sbagliata, più a sud del luogo previsto. Da un errore nacque il successo dello sbarco a Utah Beach. Praticamente nessuna perdita umana e dopo due sole ore, le avanguardie della 4a divisione erano già sulla strada verso S.te Mère Eglise per ricongiungersi con i paracadutisti che difendevano la zona dalla notte precedente.

Ciò che il destino sembrava aver concesso sulla spiaggia Utah, se lo riprese con gli interessi a Omaha Beach. Appena abbandonata la protezione della penisola del Cotentin, il mare era divenuto nuovamente agitato. L'avvicinamento della 1a divisione di fanteria americana era stato travagliatissimo. Alcune imbarcazioni erano affondate nella traversata portando con sé tra i gorghi gli sfortunati occupanti che nulla avevano potuto fare per salvarsi dall'annegamento. I primi plotoni che misero piede sulla spiaggia furono massacrati da una fitta pioggia di piombo proveniente dalla difesa costiera, dove era asserragliata la 352a divisione di fanteria tedesca, comandata dal generale Dietrich Kraiss. Essa, pur non essendo un'unità d'élite, aveva una resistenza incomparabilmente superiore a quella della 719a Divisione, composta per la maggior parte da anziani richiamati per necessità, che avrebbe dovuto inizialmente difendere la regione assegnata al V corpo d'invasione americano. L'avvicendamento era avvenuto solo dopo un'ispezione di Rommel nel mese di maggio. Il lassismo della truppa e la pochezza delle difese lo avevano talmente disgustato che la sostituzione degli uomini era stata pressoché immediata.

Così, per il puntiglio di un generale antinazista che però continuava a fare il proprio dovere di soldato, gli americani si trovarono ad affrontare una resistenza ben superiore a quella preventivata. Un unico elemento pare contraddistinguere le testimonianze di tutti i veterani sopravvissuti a quei primi tragici momenti. Essi ricordano con orrore imperituro come il mare fosse rosso del sangue delle persone che li avevano preceduti o seguiti e come la risacca accumulasse a poco a poco i cadaveri sul bagnasciuga. Alcuni tra questi veterani non si vergognano di dire che tremarono per il terrore. Eppure nessuno si fermò. Gli uomini continuarono a sbarcare, a correre, a scavalcare i commilitoni morti, a cercare quel poco riparo che la nuda spiaggia poteva fornire.

Se la fanteria era in crisi, molto più grave era la situazione delle truppe corazzate d'appoggio.

Dei 60 DD tanks che dovevano accompagnare la prima ondata di invasione, 24 scomparvero tra i flutti del mare in tempesta. Gli altri toccarono terra solo per la testardaggine del tenente colonnello Rockwall che rifiutò categoricamente di mandare al massacro il resto della propria unità e fece arenare gli LCT, permettendo ai tanks di uscire sulla spiaggia sparando. Sarà una sopravvivenza momentanea, perché anche tra questi la quasi totalità sarà sventrata da granate da 88mm di cannoni anticarro espressamente voluti da Rommel dopo la fatidica ispezione. Gli americani erano all'oscuro di tutto ciò sebbene si fossero occupati della possibile opposizione delle batterie di artiglieria costiera. In prossimità della Punta d'Hoc (punta d'Hoe nella storiografia anglosassone), era dislocata una fantomatica batteria di pezzi da 155 mm, tanto temuta quanto quella di Merville. Essa aveva una difesa naturale che era reputata inespugnabile. Si trovava alla sommità di una scogliera di diverse decine di metri che era praticamente perpendicolare al mare. Il 2° battaglione dei Rangers americani si era addestrato per mesi sulle scogliere dell'isola di Wight e si era visto come un reparto ben preparato potesse scalare una parete di roccia di quel tipo, almeno in teoria. Nella pratica l'impresa costò la vita a circa il 20% degli americani, i quali, una volta arrivati in cima ed espugnate le casematte tedesche, si accorsero che i pezzi da 155 mm non erano altro che tronchi d'albero. Le vere armi erano state spostate verso l'interno e per la maggior parte sarebbero state distrutte nel seguito della mattinata mentre erano ancora avvolte sugli affusti di trasferimento.

A Gold, Juno e Sword, i compassati anglo-canadesi avrebbero fatto ricredere gli alleati americani. L'esercito che contava solo sconfitte (a esclusione delle poche vittorie in terra d'Africa) si catapultò fuori dai mezzi da sbarco con un impeto che travolse ogni resistenza. Certo la 716a divisione che difendeva le spiagge non era della stessa qualità degli uomini di Omaha, ma l'avanzata britannica fu incredibile. Nella mattinata del D-Day, essi allargano la propria zona d'influenza alla regione costiera di Arromanches a Ovest e di St. Aubin a Est. La cittadina di Courseulles che doveva essere conquistata nelle prime ore dello sbarco resistette incredibilmente, ma i canadesi non se ne curarono, superando l'agglomerato urbano e prendendo d'assalto le colline che dividono Bayeux da Caen. Quando il sole raggiunse il suo apice sopra l'orizzonte, la 4a divisione americana si era ormai riunita con le truppe aviotrasportate nella zona di S.te Mère Eglise e le truppe britanniche erano a una manciata di chilometri dalle prime case di Bayeux. Solo a Omaha Beach l'invasione segnava il passo. L'epopea patriottica americana, ripresa successivamente nella cinematografia hollywoodiana, racconta che a mezzogiorno del D-Day solo una manciata di uomini aveva lasciato la spiaggia sotto il comando del generale Cota, aprendosi la strada attraverso i reticolati con l'esplosivo trasportato per centinaia di metri da coraggiosi uomini del Genio sotto il fuoco pressante delle mitragliatrici tedesche.

Mentre l'azione procedeva frenetica sulle spiagge, il Comando tedesco era pervaso da un irreale senso di rassegnazione. Rommel era stato avvisato dell'attacco in Normandia solo alle 6.30 della mattina quando già a Utah Beach gli Americani calpestavo il suolo francese. Ripartì immediatamente per il fronte rinunciando al colloquio con Hitler, ormai inutile. Von Rundstedt mantenne un comportamento estremamente prudente. Non impiegò in combattimento le sue truppe migliori e le forze corazzate rimasero saggiamente nascoste nei boschi dell'Alta Normandia intimorite dalla supremazia aerea americana. In quattro punti su cinque, le truppe alleate avevano creato delle teste di ponte che andavano ben oltre le spiagge d'invasione, dove Rommel avrebbe dovuto fermarli. Seguendo i timori della volpe del deserto la battaglia per la Francia era ormai perduta, perché gli angloamericani potevano giovarsi della grande mobilità e degli approvvigionamenti illimitati che si erano accumulati in Gran Bretagna. Eppure i soldati tedeschi tamponavano con grande successo gli sforzi nemici di sfondamento e a Omaha Beach minacciavano di rigettare in mare l'invasore. Allora cosa impedì una reazione tedesca più decisa in quelle ore così cruciali? Probabilmente l'assoluta mancanza di convinzione degli ufficiali che dovevano comandare il contrattacco. Von Rundstedt era per tradizione antihitleriano, Rommel lo era divenuto dopo l'inizio della guerra contro l'Unione Sovietica e molti altri con lui. Si direbbe che essi sperassero in una vittoria degli Alleati. Non certo a livello conscio, perché tutti si adoperarono per contrastare l'invasione, ma molto probabilmente nel loro inconscio, nel soppesare quale fosse il male minore per la Germania, Hitler o la sconfitta contro gli Alleati, molti tra loro dovettero pensare che la seconda soluzione comportasse delle indiscutibili attrattive e il successivo attentato contro il Fuehrer dovrebbe confermare l'ipotesi.

A mezzogiorno del D-Day, il mondo era ancora all'oscuro di cosa stesse avvenendo sulle spiagge della Normandia. Certo, la popolazione era stata avvisata attraverso la Radio, sia in Germania sia nei paesi alleati, ma non poteva sapere come si stessero comportando gli invasori, né se il Vallo Atlantico si fosse rivelato insuperabile come aveva promesso la propaganda di Hitler. Poco dopo le dodici, Winston Churchill si presentò davanti alla camera dei Comuni inglese per tenere un aggiornamento sulle operazioni militari in corso. In gioventù era stato un apprezzato cronista di guerra, tanto da rischiare nel 1899, quando era inviato del "Morning Post" in Sud Africa, di essere fucilato dai Boeri dopo essere stato catturato e anche quel giorno seppe ammaliare con le proprie parole tutto il suo pubblico. Trascorse più di venti minuti osannando l'operato delle truppe britanniche in Italia, le quali il giorno prima avevano liberato Roma, ormai dichiarata città aperta. Ci volle una domanda precisa per ottenere la seguente laconica risposta: "L'operazione Overlord prosegue secondo i piani." La frase di Churchill erano vera solo in parte.

Gli Alleati avevano fatto grandi progressi durante la mattinata, ma la situazione a Omaha Beach era ancora preoccupante. Inoltre, con il ritorno di Rommel sul suolo francese, parve che i tedeschi si scuotessero dalla loro apatia. La 709a divisione di fanteria tedesca del generale Dollmann contrattaccò sul Merderet e per più di due ore tra le 13.00 e le 15.00, sembrò possibile che gli americani fossero ricacciati verso Utah Beach; poi, nonostante forti perdite, gli aviotrasportati della 82a e 101a divisione americana mantennero il contatto con la fanteria e fecero fallire definitivamente il contrattacco. Il Generale Kraiss dava erroneamente per fallito lo sbarco a Omaha, un errore che si rivelerò fatale per tutto il lato destro della difesa tedesca. Egli spostò le proprie riserve in direzione Est per coprire il proprio fianco da una possibile sortita delle truppe britanniche che continuavano a proseguire in direzione di Bayeux. Ciò permise agli americani di attuare un vero sfondamento in prossimità della strada di Colleville, dove degli ufficiali risoluti e fortunati fecero arenare gli LCT 30 e LCI 54, risparmiando ai soldati e ai mezzi che li occupavano di dover affrontare direttamente il fuoco nemico. L'avanzata su quella spiaggia fu lenta e pagata con la vita di migliaia di soldati americani. Prima fu conquistata la zona delle dune in prossimità della prima linea di bunker tedeschi, in seguito. grazie a un bombardamento marino aggiuntivo della US Navy, si poté arrivare alle colline retrostanti il litorale e da lì la via era definitivamente aperta, mancando delle forze di riserva per impedire un'ulteriore avanzata.

Paradossalmente, il pericolo maggiore per l'operazione Overlord venne proprio nella regione dell'Orne, dove la vittoria alleata sembrava essere più salda. La 21a Divisione corazzata di stanza a Caen e forte di ben 127 Panzer Kw4, aveva originariamente ricevuto l'ordine di liberare la zona sinistra del fiume. Il colonnello tedesco Oppeln, comandante del 22° reggimento di carri armati di quella divisione, probabilmente di propria iniziativa, rilesse gli ordini ricevuti interpretandoli alla luce della nuova situazione tattica che si presenta davanti ai suoi occhi. Anziché proteggere Caen e ciò che rimaneva in mano ai tedeschi, egli superò il fiume Orne sull'unico ponte cittadino rimasto in piedi dopo i bombardamenti della mattina e si lanciò in direzione di Bièville. Le truppe canadesi rimasero sorprese dalla presenza di così tanti panzer e preferirono arrestare la propria avanzata e fortificarsi in attesa di rinforzi. Solo un paio di chilometri più a Ovest, il 192° reggimento dei Panzergranadiere della 21a Divisione Corazzata compiva un movimento in profondità che gli consentì di raggiungere il mare in prossimità di Luc-sur-Mer, tagliando in due le forze d'invasione britanniche. Verso le 18.00 le truppe tedesche, spossate dall'enorme sforzo del pomeriggio, si arrestarono e si misero sulla difensiva. Nella zona, entrambe le fazioni erano troppo sparse sul territorio per proteggere le proprie retrovie e attendevano pazientemente i rinforzi promessi dai propri superiori.

Sul principio, parve che fossero i tedeschi a ottenerli con maggiore sollecitudine. Hitler, svegliatosi verso mezzogiorno e informato celermente dell'avvenuta invasione, si convinse che i movimenti in Normandia non fossero altro che un diversivo in vista della vera invasione che sarebbe avvenuta a Calais. In ragione di ciò, egli vietò categoricamente a Rommel di usare la 15a Armata che dovette rimanere a protezione della città sulla Manica, ma acconsentì, per tutelarsi da ogni evenienza, allo spostamento della Panzer Lehr e della 12a Divisione Corazzata SS. Rommel ottenne queste riserve nel tardo pomeriggio e a quell'ora, su quasi tutte le spiagge, era tornata la calma. Esse erano in mano agli Alleati che già si stavano apprestando a montare i porti Mulberry e a cominciare lo sbarco delle divisioni follow up, cioè la 29a e 90a Divisione Americana e la 51a e 7a Divisione Corazzata Britannica. I tedeschi avevano poco tempo per approfittare della disorganizzazione che ancora affliggeva gli Alleati, poi tutto sarebbe stato perduto. Così alle 21.00 cominciò il viaggio della Panzer Lehr che avrebbe dovuto contrattaccare all'alba disperdendo le truppe nemiche intorno a Caen. Il viaggio della speranza della divisione tedesca è raccontato dai veterani come un'odissea. Il cielo era dominato dai Typhoons che sotto la guida di razzi illuminanti fecero strage dei mezzi corazzati, i quali, incolonnati su strade già duramente colpite, ebbero serie difficoltà a trovare un riparo. Il contrattacco previsto alle prime luci dell'alba non si verificò per tutto il giorno 7, concedendo un giorno in più ai rinforzi alleati per giungere dalla Gran Bretagna.

Probabilmente l'attacco non sarebbe servito in ogni caso. Pur non esistendo delle cifre precise sul numero esatto di uomini e mezzi sbarcato nel D-Day, rifacendoci al numero degli effettivi delle divisioni impegnate il giorno dell'invasione si può congetturare che il giorno dell'invasione toccarono il suolo francese circa 155.000 uomini delle forze alleate. Gli obbiettivi previsti dal piano originario non erano stati raggiunti, anzi, nelle posizioni intorno a Omaha Beach, le conquiste si limitavano a un paio di chilometri di terreno sabbioso. Caen rimaneva ancora in mano tedesca e con essa il suo vitale aeroporto. Cherbourg era potentemente difesa e non avrebbe mai concesso le proprie strutture portuali intatte. Ciononostante il Vallo Atlantico era stato forzato in cinque punti e, elemento ancor più importante, tutto il mondo libero era a conoscenza che le Democrazie tanto vituperate da Hitler, avevano cominciato la propria marcia sul continente europeo. Fu il riaccendersi della speranza nelle popolazioni delle nazione occupate il più grande risultato di "Overlord". Essa fu testimoniata nel proseguo della guerra dal crescente sentimento antitedesco che andò ad alimentare tutte le formazioni partigiane a partire dai maquis francesi che la sera del 6 giugno 1944 seppero, al di là di ogni menzogna della propaganda nazista, di non essere più soli nella lotta per la riconquista della libertà. (http://www.letturefantastiche.com/)

25 mag 2009

Memorial Day


L'ultimo lunedì di maggio si festeggia il Memorial Day, è il giorno che l'America ha scelto per ricordare e per rendere omaggio al sacrificio dei soldati americani nelle guerre che hanno combattuto.

Oggi negli Stati Uniti si celebra il Memorial Day, la giornata dedicata a ricordare i soldati che sono caduti o hanno combattuto in tutte le guerre a cui gli Usa hanno preso parte. Bandiere a mezz’asta, concerti delle bande militari, corone sulle tombe, preghiere, si susseguiranno in ogni città e paese.

E per la prima volta, a Saunemin, uno sperduto villaggio dell’Illinois, sarà celebrato anche un giovane che nel 1862, a soli 19 anni, andò volontario nell’esercito dell’Unione nella guerra contro il sud ribelle. Albert Cashier è il nome con cui il giovane immigrato irlandese si arruolò quel caldo giorno di agosto. Ma oggi sarà ricordato con il suo vero nome, Jennie Irene Hodgers. Dopo tanto tempo, infatti, gli abitanti di Saunemin hanno accettato di onorare quella donna che pur di combattere e difendere il nord si camuffò da uomo e per il resto della sua vita non tornò mai alle vesti femminili, se non quando - oramai vecchia e malata - fu ricoverata in ospedale e la sua identità venne scoperta.

Jennie fu arruolata nel 95esimo battaglione di fanteria, e partecipò a 40 fra battaglie e scontri con le forze della Confederazione. Fu anche presa prigioniera, ma riuscì a disarmare il soldato nemico che l’aveva catturata e a scappare, per tornare al suo battaglione. Combattè con tanto coraggio, e fu tanto convincente come soldato, che il suo capitano, C.W. Ives, la definì «un giovane senza paura». I suoi commilitoni ne ammiravano la perizia con il fucile, e non si stupirono mai del fatto che preferisse fare vita isolata e che non parlasse molto. Lo consideravano semplicemente un giovane solitario, ma lo consideravano uno di loro. Quando Jennie morì, nel 1915, e le autorità dell’ospedale dov’era stata ricoverata volevano seppellirla vestita da donna, i suoi commilitoni pretesero invece che fosse vestita con la divisa (che aveva sempre conservato) e con tutti gli onori militari.

La vicenda di Jennie Irene Hodgers sembra quasi inaudita, se non fosse che quella giovane mingherlina e ”senza paura” non fu che una delle tante donne che sotto mentite spoglie riuscirono a partecipare come soldati combattenti alla Guerra Civile, sia nelle file dei nordisti che dei sudisti. Vari storici sostengono che le donne che si camuffarono da uomo per prendere parte attivamente alla guerra furono almeno 700. Le studiose DeAnn Blanton e Lauren Cook hanno documentato le vicende di 250 di esse, nel libro They Fought Like Demons: Women Soldiers in the Civil War Combatterono come demoni: donne soldato nella Guerra Civile. E hanno spiegato come mai in tanti casi queste donne riuscirono a tenere nascosta la propria identità: era l’epoca Vittoriana, l’epoca del pudore portato all’estremo, e nessuno si spogliava mai, neanche in quelle rare occasioni in cui si faceva il bagno. Al momento dell’arruolamento, le autorità militari si limitavano a guardare che il candidato avesse denti sani, ci vedesse e ci sentisse bene, e capisse l’inglese, il resto non importava. E poi, con quelle divise larghe e informi, nascondere il corpo femminile non era difficile, come si nota dalle foto di Jennie.

La vita militare era primitiva, ed era normale che i soldati non usassero le latrine, ma si appartassero in campagna. L’igiene era approssimativa, e ci si lavava superficialmente e raramente. In poche parole: se una donna voleva mantenere l’incognito, non era difficile che ci riuscisse. Certo, le cronache testimoniano che non sempre lo volevano, tant’è che ci furono situazioni in cui dovettero rivelare la verità perché erano rimaste incinte.

Ma nella maggior parte, le soldatesse parteciparono alla vita al fronte in tutto e per tutto, spesso rimanendo ferite e anche uccise, e rivelandosi coraggiose e resistenti come gli uomini. E i motivi per cui scelsero l’inganno pur di combattere sono vari, e per nulla diversi da quelli che i loro colleghi maschi elencavano: spirito patriottico, desiderio di guadagnare, voglia di avventura. Quel che è strano, è che le loro vicende siano state riportate alla luce solo oggi. Eppure, all’epoca della Guerra Civile, il fatto che molte donne avessero combattuto travestite da uomini era venuto a galla: il caso di Jennie è il più famoso, ma i giornali locali ne raccontarono altri, e alcune delle protagoniste scrissero le loro memorie.

Esisteva addirittura una vera e propria categoria di romanzi d’avventura in cui i protagonisti erano donne soldato che combattevano eroicamente sotto mentite spoglie per poi tornare a casa, felici di aver servito la patria, pronte a sposarsi e fare figli. Ma se negli anni immediatamente dopo la guerra i sentimenti verso di loro erano ancora aperti e tolleranti, con il passare del tempo il perbenismo ebbe la meglio: l’idea che tante donne fossero vissute gomito a gomito con uomini e avessero combattuto e ucciso, sembrò così disdicevole che si preferì dimenticarlo, e nella cittadina di Saunemin qualcuno avrebbe voluto abbattere la casa dove Jennie si era ritirata a vivere dopo la guerra. I benpensanti la considerarono a lungo un ”travestito”, e se ne vergognavano. Solo negli ultimissimi anni, con l’arrivo delle donne al fronte, e gli esempi di coraggio che hanno fornito, la storia di quella ragazza che si fece tre anni di guerra senza un attimo di paura o di debolezza, è stata vista in una luce diversa.

Tornata la pace, nel 1865, Jennie lasciò l'esercito e tornò nell'Illinois, dove fece tanti lavori manuali, in campagna, sempre continuando a indossare i pantaloni e facendosi chiamare Albert Cashier. Il suo segreto, conosciuto solo da un medico che l’aveva curata quando fu investita da un’automobile nel 1910, sarebbe forse rimasto intatto fino alla fine, se non fosse stato che cominciò a soffrire di demenza senile e nel 1913 fu internata in un ospedale psichiatrico. E qui gli infermieri addetti a lavarla scoprirono che Albert era Jennie. L’ospedale la obbligò a trasferirsi nel reparto femminile e a indossare una lunga gonna. E fu quella gonna che la uccise: non abituata ad avere gambe e piedi intralciati da una veste, Jennie inciampò, cadde e rimase ferita, riportando un’infezione da cui non si rimise mai. Dopo mesi di malattia, morì, nell’ottobre del 1915, e solo allora le fu concesso di indossare di nuovo i pantaloni, ma solo perché i suoi commilitoni avevano insistito che venisse rispettata l’identità con cui aveva combattuto.

Festa della Repubblica

La Festa della Repubblica italiana è la festa nazionale italiana celebrata ogni 2 giugno. Dopo alcuni decenni di abbandono, fu resa nuovamente giorno festivo nel 2000 su iniziativa del secondo governo Amato per impulso, principalmente, dell'allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Di fatto è la principale festa nazionale civile italiana.

In questa data si ricorda il referendum istituzionale indetto a suffragio universale il 2 e il 3 giugno 1946 con il quale gli italiani venivano chiamati alle urne per esprimersi su quale forma di governo, monarchia o repubblica, dare al Paese, in seguito alla caduta del fascismo. Dopo 85 anni di regno, con 12.718.641 voti contro 10.718.502[1] l'Italia diventava repubblica e i monarchi di casa Savoia venivano esiliati.

L'emblema della Repubblica Italiana.Il 2 giugno celebra la nascita della nazione, in maniera simile al 14 luglio francese (anniversario della Presa della Bastiglia) e al 4 luglio statunitense (giorno in cui nel 1776 venne firmata la dichiarazione d'indipendenza).

In tutto il mondo le ambasciate italiane tengono un festeggiamento cui sono invitati i Capi di Stato del Paese ospitante. Da tutto il mondo arrivano al Presidente della Repubblica italiana gli auguri degli altri capi di Stato e speciali cerimonie ufficiali si tengono in Italia.

Prima della fondazione della Repubblica, la festa nazionale italiana era la prima domenica di giugno, anniversario della concessione dello Statuto Albertino.

La festa era stata abrogata (motivazione addotta: la congiuntura) con la legge 5 marzo 1977, n.54 e reintrodotta nel 2001 dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Nel giugno del 1948 per la prima volta Via dei Fori Imperiali a Roma ospitava la parata militare in onore della Repubblica. L'anno seguente, con l'ingresso dell'Italia nella NATO, se ne svolsero dieci in contemporanea in tutto il Paese mentre nel 1950 la parata fu inserita per la prima volta nel protocollo delle celebrazioni ufficiali.

Attualmente il cerimoniale prevede la deposizione di una corona d'alloro al Milite Ignoto presso l'Altare della Patria a Massa e una parata militare alla presenza delle più alte cariche dello Stato.

Alla parata militare e durante la deposizione della corona d'alloro presso il Milite Ignoto, prendono parte tutte le Forze Armate, tutte le Forze di Polizia della Repubblica ed il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e della Croce Rossa Italiana. Nel 2005, l'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ordinò che defilassero anche il Corpo di Polizia Municipale di Roma ed il personale civile della Protezione Civile. Prendono inoltre parte alla parata militare alcune delegazioni militari dell'ONU, della NATO, dell'Unione Europea e rappresentanze di reparti multinazionali che presentano una componente italiana.

Dalla sua istituzione sino alla sua temporanea abolizione, la parata militare poteva contare sulla sfilata di maggiore personale. Dopo la re-introduzione l'organico defilante fu ridotto notevolmente e nel 2006 venne praticamente eliminata la presenza di mezzi terrestri ed aerei per ragioni di bilancio.

La cerimonia prosegue nel pomeriggio con l'apertura al pubblico dei giardini del palazzo del Quirinale, sede della Presidenza della Repubblica Italiana, con esecuzioni musicali da parte dei complessi bandistici dell'Esercito Italiano, della Marina Militare Italiana, dell'Aeronautica Militare Italiana, dell'Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato, della Guardia di Finanza, del Corpo di Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato.
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Quest'anno la parata del 2 Giugno durerà 10' in meno.
Il Ministro ha rassicurato che, nonostante i tagli, lo scenario dei Fori Imperiali sarà sempre lo stesso. «Saranno eliminate alcune coperture delle tribune. Al loro posto sono stati acquistati alcune migliaia di ombrellini tricolori, che potranno essere utilizzate sia per difendersi dal sole che nel caso in cui dovesse piovere, assicurando, nel caso di apertura, anche un bellissima coreografia».

VITERBO CHRISTMAS VILLAGE

 Tutta la magia del Natale a Viterbo. In una bellissima dimora del '400 potrai trovare La casa di Babbo Natale. Potrai visitare La Fabbr...