L’antico capodanno celtico vedeva nell’arrivo dell’inverno l’ombra della Morte e il ritorno dei defunti, e allora si festeggiava per rabbonire le anime inquiete e scacciare la paura. Era un rito pagano di passaggio, sostituito poi dalla Festa d’Ognissanti. Ma in moltissime regioni è rimasto, identico alle celebrazioni americane di Halloween, per la Festa dei Morti…
In Sardegna, di casa in casa a chieder dolci
Nel sud dell’isola c’è “Is animeddas”, mentre dovrete spostarvi a Nord, nel nuorese, per trovare “Su mortu mortu”. A Seui poi, si festeggiano in particolare le anime del Purgatorio, e ogni anno si organizza la Sagra del “Su Prugadoriu” che promuove l’antica tradizione dell’Ogliastra. Cambia il nome ma la sostanza è simile: vi capiterà di vedere bambini vestiti da fantasmi aggirarsi da soli o in gruppo e chiedere, di porta in porta, qualche dono per le “piccole anime” (is animeddas). Oggi si regalano caramelle, noci o merendine, ma la tradizione vorrebbe che ai bimbi vengano consegnati le pabassinas fatte in casa, i pani de sapa, e un dolce noto un po’ in tutta Italia, gli “Ossi di morto”, che qui diventano “Ossu de mottu”, e poi melograni, castagne e frutta secca. Nel Sarrabus Gerrei invece, nel sud-est della Sardegna, vengono consegnate piccole forme di pane a forma di corona. Anche qui, come in terra anglosassone, la tradizione vuole che si lavorino le zucche per intagliarle a formare facce terrificanti.
I piccoli sardi non chiedono “dolcetto o scherzetto?” a chi apre loro la porta, ma “seus benius po is animeddas”, “carki cosa po sas ànimas”, “peti cocone” ovvero: “qualche regalo per i nostri morti”, per tenerli buoni e far pace con loro, non provarne paura ma festeggiarne il ritorno. I Celti infatti credevano che alla vigilia di ogni nuovo anno, ovvero il 31 ottobre, Samhain, il dio della Morte e dell’Inverno, permettesse agli spiriti dei morti di unirsi ai vivi.
In Sicilia i morti in processione…
Ed ecco allora che “Si nun vennu li morti nun camminanu li vivi” come si dice in Sicilia. A Palermo i ragazzini strillano filastrocche e motivetti come “Li morti vennu e ti grattanu li pedi”, mentre in famiglia si preparano grandi ceste di prelibatezze. “U’ cannistru” si riempie con dolciumi, frutta secca e “pupatelli”, biscotti alle mandorle che rappresentano le ossa dei morti. Sono i doni portati nottetempo dai defunti ai bambini, che li cercano con ansia la mattina seguente, un po’ come a Natale. Importante però nascondere la grattugia prima di andare a letto: ché sarebbe altrimenti usata dai defunti per grattare i piedi a chi non si è comportato bene, e non ha pregato abbastanza per i propri cari. Si crede infatti che, se festeggiati e ricordati a dovere, i morti della famiglia possano portare fortuna e ricchezze.
In varie zone della Sicilia si fanno processioni di morti. A Cianciana, in provincia di Agrigento, escono dal Convento di S. Antonio de' Riformati, attraversano la piazza e arrivano al Calvario, e nel passaggio lasciano i loro regali ai ragazzini buoni. Seguono quest’ordine: prima quelli colpiti da morte naturale, poi i giustiziati, poi quelli morti per disgrazia e via dicendo.
A Erice i morti escono dalla Chiesa dei Cappuccini, a Partinico, Palermo, indossano un lenzuolo e, a piedi scalzi, con una torcia accesa, percorrono le strade del paese. Anche nel catanese, ad Acireale, i morti girano per la città sotto un lenzuolo, e rubano doni ai venditori ambulanti per poi darli ai bambini.
In Abruzzo e in Lombardia si intagliano le zucche
A Pettorano sul Gizio (Abruzzo) bambini e ragazzi vanno di casa in casa cantando "Ogge è lla feste de tutte li sande: Facete bbene a st'aneme penande…Se vvu bbene de core me le facete, nell'altre monne le retruverete." Ovvero, anche in questo caso, si domandano offerte per le anime dei morti, dolcetti, frutta e frutta secca. Qui sopravvive l’antichissima usanza di svuotare e intagliare le zucche per farne visi orribili, un tempo diffusa in tutta la regione, ma anche in altre zone d’Italia.
Nel dintorni di Vigevano infatti, e in Lomellina, in Lombardia, si usa ancora mettere in cucina un secchio pieno d’acqua, ma la tradizione vorrebbe una zucca svuotata e riempita di vino, posta sotto il camino con le sedie disposte attorno, per ospitare i defunti in arrivo. Stessa cosa a Bormio, dove la notte del 2 si metteva sul davanzale una zucca piena di vino.
In Friuli - come recita anche la poesia del Pascoli "La tovaglia" - i contadini lasciano un lume acceso, un secchio d'acqua e un po' di pane sul tavolo prima di andare a dormire.
In Puglia si cucina in piazza per i morti
A Orsara, in Puglia, la festa dei Morti si chiama “Fuuc acost” e coinvolge tutto il paese. Si svuotano e intagliano le zucche, o meglio le Cocce priatorje, che, illuminate, adornano le strade, a simboleggiare le anime in arrivo. Si accendono falò di ginestre nelle piazze ("fuoc acost", dal greco fuochi sparsi), per illuminarne il cammino e lì si cucina tutti insieme, anche per i morti, lasciando loro piatti agli angoli delle strade. Il dolce tipico è grano cotto mescolato a chicchi di melograno e noci, condito con vincotto, e si chiama "musc'tagl".
Tra Toscana e Liguria
A Castelpoggio, in provincia di Massa Carrara, si festeggia il bén d'i morti: si distribuisce cibo ai più bisognosi e le cantine offrono a tutti un bicchiere di vino. Ai bambini si mette al collo la Collana di Baduci, un filo di castagne bollite con una mela al centro. Si fa tutto a beneficio dell’anima dei propri morti, per celebrarli e rasserenarli.
A Pignone invece, in Liguria, il culto dei morti si celebra ancora oggi con un banchetto tutti insieme in piazza Marconi, fino a sera. In passato, le famiglie benestanti davano ai ragazzi che bussavano alle porte offerte per il bene dei morti: noci e sanguinaccio e sempre qui, ancora fino agli anni ’70, i più facoltosi distribuivano ai bambini centinaia di piccoli pani in memoria dei cari morti.
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