17 mar 2018

Poesie di Pasqua

Dall’uovo di Pasqua

Dall’uovo di pasqua
è uscito un pulcino
di gesso arancione
col becco turchino.
Ha detto: “Vado,
mi metto in viaggio
e porto a tutti
un grande messaggio.”
E volteggiando
di qua e di là,
attraversando
paesi e città,
ha scritto sui muri;
nel cielo e per terra,
Viva la pace,
abbasso la guerra.

Gianni Rodari




Pasqua

A festoni la grigia parietaria
come una bimba gracile s'affaccia
ai muri della casa centenaria.

Il ciel di pioggia è tutto una minaccia
sul bosco triste, ché lo intrica il rovo
spietatamente, con tenaci braccia.

Quand'ecco dai pollai sereno e nuovo
il richiamo di Pasqua empie la terra
con l'antica pia favola dell'ovo.

Guido Gozzano


Domenica delle Palme

Domenica delle Palme,
 gioia in tutte le alme,
è giorno di pace,
d’amore e di perdono del Signore.
Ogni fanciullo agita giulivo
il suo ramoscello d’ulivo;
quest’umile rametto,
è un simbolo d’affetto,
se col cuore si dona
ed al fratello si perdona.
Oh, i bei rami d’ulivo! chi ne vuole?
Son benedetti, li ha baciati il sole.
In queste foglioline tenerelle
vi sono scritte tante cose belle.
Sull’uscio, alla finestra, accanto al letto
metteteci l’ulivo benedetto!
Come la luce e le stelle serene:
un po’ di pace ci fa tanto bene.

Giovanni Pascoli


Il Pulcino marziano

Ho visto, a Pasqua, sbarcare
dall’uovo di cioccolato
un pulcino marziano.
Di certo il comandante
di quell’uovo volante
di zucchero e cacao
con la zampa ha fatto ciao.
E il gatto, per la sorpresa,
non ha detto neanche: “Miao”.

Gianni Rodari

E' Pasqua

Alla Pasqua
Dell'anno passato
Un palloncino
Mi era scappato.
Mi era scappato
Nell'alto del cielo,
Io lo guardavo
E piangevo piangevo.
Anche quest'anno
Un pallone è volato
Ma io ho riso
Felice e beato.
Il palloncino
E' andato lassù
Ma io quest'anno
Non piango più.

Roberto Piumini

Pasqua d'altri tempi

Tu pensi ai tempi andati
quand'eri ancor bambina
e il cuoricino tuo s'emozionava
per una tavola imbandita
con uova colorate
fatte da mamma tua,
con fior di primavera
con dolci e cioccolata.
Per l'aria odor di fiori
e suoni di campane,
un senso d'allegrezza
tutta ti dominava
ma tu sei sempre quella
ed io così ti vedo
e voglio darti ancora
con questo uovo di Pasqua
insieme a quel ricordo
tutta la gioia piena
d'averti ritrovata.

Antonino Zambotti


Pasqua

Ogni nube nel turchino
sembra un angelo in cammino:
primavera è nelle cose:
ogni siepe ha le sue rose.

Dentro il cor la pace vive.
Squilla intorno il campanile.
Dal sepolcro come un fiore
torna al ciel nostro Signore;
ogni bimbo guarda sù
e nel ciel vede Gesù.

Renzo Pezzani

26 feb 2018

Che cos'è la Pasquetta?

Il nome indica il giorno successivo alla Pasqua , il Lunedì dell’Angelo, così chiamato per ricordare l’incontro dell’Angelo con delle donne che si erano recate a visitare il sepolcro di Cristo.

 La consuetudine di fare gite e piccole escursioni in questa giornata è collegato a un episodio dei Vangeli in cui Gesù, appena risorto, incontrò sulla via due discepoli che si recavano a piedi al villaggio di Emmaus.
 Il Signore si unì a loro nel cammino e poi a cena con loro.

Perchè si usa mangiare la Colomba a Pasqua?

Insieme all’uovo di cioccolato è il dolce pasquale per eccellenza.
La colomba è simbolo universale di pace e di fratellanza.
La leggenda racconta che nel Medioevo il re longobardo Alboino, durante un'incursione nella città di Pavia,  chiese ai nobili di portargli in dono il giorno di Pasqua oro, pietre preziose e 12 ragazze di sedici anni.
Per l'occasione il cuoco di corte creò un dolce soffice, leggero e profumato, a forma di colomba.
"Al primo morso Alboino esclamò che bontà! Da oggi in poi bisogna portare rispetto alle colombe'". E quando, poco dopo, iniziarono a sfilare davanti al re le giovani che avrebbero dovuto essere il suo premio, alla domanda del sovrano: 'come ti chiami?' La prima ragazza rispose 'Colomba'.
 Fece lo stesso la seconda, e così via. Alla fine, per non rimangiarsi la parola data, le fanciulle furono liberate. Da allora la colomba è simbolo di pace e concordia.

Perchè l'uovo è il simbolo della Pasqua?


L’uovo è il segno della vita che comincia e che si rinnova.
Per questo, con il tempo, il dono delle uova, prima vere e con il guscio decorato a colori, successivamente di cioccolato, indica proprio questo rinnovarsi della vita propiziato anche dalla primavera, stagione per eccellenza della rinascita.
Il primo uovo di cioccolato è stato creato a Bristol, in Gran Bretagna, nel 1873, mentre l’abitudine di decorare i gusci delle uova sode non è molto comune nel nostro Paese, ma è diffusissima in altre parti d’Europa, in particolare nei Paesi dell’Est.
La tradizione di scambiarsi uova decorate come dono risale addirittura al Medioevo.
 Le più belle e preziose sono sicuramente quelle create dall’orafo Peter Carl Fabergé: il primo risale al 1883, come dono pasquale dello zar Alessandro III alla zarina Maria Fëdorovna.

22 gen 2018

Festa de Noantri

Una ricorrenza molto amata e diventata, nel tempo, un appuntamento per tutta la città. Una tradizione antica che unisce storia, devozione popolare e folclore.

Il culto della Madonna del Carmine nasce intorno al 1535, quando dei marinai ritrovarono vicino la foce del Tevere una grande statua di legno raffigurante una Madonna. L'immagine venne consegnata ai frati carmelitani della basilica di San Crisogono che riconobbero la figura nella Madonna del Carmelo, alla quale era dedicato il loro ordine. La Madonna fiumarola diventò così la protettrice dell'intero quartiere e fu subito amata e venerata. La sua importanza era tale che il principe Borghese, nel 1600, fece costruire un oratorio dove la scultura rimase fino al 1890. Poi l'edificio fu demolito, insieme a tanti altri della zona, per la realizzazione del viale del Re (oggi viale Trastevere). A quel punto la sacra immagine venne spostata nella chiesa di San Giovanni dei genovesi, poi nella chiesa di Sant'Agata in largo San Giovanni de' Matha. Dove si trova tutt'ora. Il tempo non ha scalfito la devozione popolare e l'importanza della festa che inizia oggi con la spettacolare processione da Sant'Agata alla chiesa di San Crisogono. In passato c'erano persino i tamburini dei granatieri ad avvisare il rione dell'inio dei festeggiamenti. In quell'epoca la Madonna fiumarola era portata in spalla dai «cicoriari» ed era oggetto di venerazione e rispettotanto che le trasteverine le offrivano gioie e doni. Come nella migliore tradizione romana oltre alle celebrazioni religiose con processioni e messe varie, seguivano momenti di svago popolare con le bancarelle, i cocomerari, le luminarie e i fuochi d'artificio. Aspetti che sono ancora parte della festa de noantri che prende il via alle 17 di oggi. A San Crisogono sarà celebrata la messa pontificale presideuta da Armando Brambilla, vescovo delegato per l'assistenza religiosa negli ospedali di Roma. Alle 18,30 si snoderà la processione nelle vie del rione e alle 24 una fiaccolata accompagnerà il rientro della Madonna del Carmine nella chiesa di S. Agata. La «festa de noantri» proseguirà per tutta la settimana, fino a domenica 26 luglio, quando avrà luogo la rievocazione storica della processione presieduta da Ernesto Mandara, vescovo ausiliare per il Centro. La statua della Madonna fiumarola partirà dal Circolo Canottieri Lazio alle 19,30 e, a bordo di un battello, navigherà lungo il Tevere fino a Ponte Garibaldi. Da qui sarà portata in processione nella basilica di S. Maria in Trastevere. Lunedì 27 alle 6,30 del mattino, una messa concluderà le celebrazioni e la Madonna del Carmine sarà riaccompagnata nella chiesa di Sant'Agata. Dove trascorrerà un altro anno, fino alla prossima festa. C.T.



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Il Natale nella Roma antica: i Saturniali

Il Natale, certo, è la festività con cui si celebra la nascita di Gesù, ma una buona parte delle abitudini e dei riti che pratichiamo in famiglia e con gli amici, quindi al di fuori della liturgia cristiana, risale proprio al tempo degli antichi Romani.

L'uso di farsi i regali per Natale, le strenne natalizie, proviene infatti dalla tradizione di Roma antica che prevedeva proprio lo scambio di doni augurali durante i Saturnali (Saturnalia), festività in onore del dio Saturno che si celebravano dal 17 al 23 dicembre.

Secondo Varrone, l'usanza di farsi regali in questo periodo venne istituita da Tito Tazio, quindi agli inizi della fondazione di Roma, il quale per primo colse, come buon auspicio per il nuovo anno, il ramoscello di una pianta (arbor felix) posta nel bosco sacro alla dea Strenia, da cui derivò il termine strenae, strenne, per i doni di vario genere.

I Saturnali erano tra le feste più antiche ed importanti di Roma; in origine si celebravano per un solo giorno, il 17 dicembre, per poi essere estesi, all'incirca all'epoca di Cicerone, a una settimana, fino al 23 dicembre appunto. Si festeggiavano durante il riposo dai lavori agricoli e rappresentavano quindi la temporanea liberazione dalle fatiche del lavoro, dalle costrizioni sociali e dalle convenzioni morali, con un ribaltamento dei ruoli sociali, in cui gli schiavi erano temporaneamente liberi. La festa, dedicata a Saturno quale dio della fertilità, serviva anche ad augurare la fecondità della terra.

L'origine delle festività dei Saturnali è incerta: c'è chi la colloca all'epoca della costruzione, ai piedi del Campidoglio, del tempio dedicato a Saturno, individuata dagli studiosi tra il 501 e il 498 a.C., quindi agli inizi della Roma repubblicana; il dies natalis del tempio corrispondeva proprio al 17 dicembre. Alcune leggende riportate da Macrobio nella sua opera "Saturnali" fanno risalire le festività a Giano, antico re d'Italia che ospitò Saturno nel suo regno, imparando da lui i rudimenti dell'agricoltura, e che scomparso questi misteriosamente fu divinizzato, istituendo in suo onore le feste dei Saturnali. Un'altra tradizione fa risalire i Saturnali addirittura ai compagni di Ercole rimasti in Italia. In ogni caso, sempre stando a Macrobio, pare che le feste in onore di Saturno fossero molto antecedenti alla fondazione di Roma.

I Saturnali dell'antica Roma si aprivano con la celebrazione di riti religiosi, con i consueti sacrifici e l'allestimento del lettisternio (Lectisternium), l'offerta di cibo alla divinità la cui statua veniva adagiata sul letto conviviale, dopo averla liberata dai lacci che la tenevano legata per il resto dell'anno. Successivamente veniva allestito un grande banchetto al quale tutti, senza distinzione di ceto, erano invitati e al termine del quale i partecipanti si scambiavano l'augurio "Io, Saturnalia!".

I Saturnali erano dominati da un clima molto festoso e di trepidante attesa, descritti da Catullo come i giorni migliori. Segnavano il passaggio, infatti, tra il vecchio e il nuovo anno, tra il sole che muore e il nuovo che nasce; le celebrazioni si svolgevano a ridosso del solstizio d'inverno che per gli antichi romani cadeva proprio il 25 dicembre.

Durante le festività veniva sovvertito l'ordine sociale: gli schiavi erano temporaneamente liberi di far quel che credevano, potevano parlare apertamente ai loro padroni, stare a tavola con loro e venire perfino serviti da loro, anche se in realtà questo non accadeva quasi mai, servendosi piuttosto i padroni di cuochi e servitori esterni, una sorta di "catering" dell'antichità.

Il gioco d’azzardo, normalmente vietato, era consentito a tutti, anche agli schiavi, anche se era considerato un momento sacro più che ludico. Saturno, infatti, era rappresentato come Giocoliere supremo, colui che possedeva la chiave del Gioco cosmico, cioè di ogni ciclo: regolava l'Ordine Universale con le mosse del suo bastone scettro. Il gioco pertanto serviva per predire il futuro.

La nostra tombola di Natale non è altro che una lontana reminiscenza di questa antica consuetudine.

Comunque, quello dei Saturnali, era un periodo per mangiare, bere, divertirsi ed essere gentili gli uni con gli altri, in un clima di euforia e di attesa per una nuova prosperità.

L’approccio più goliardico della festa era enfatizzato dall’abbigliamento: durante i Saturnali non si indossava la toga, che lasciava il posto a un abbigliamento più informale, molto colorato e sgargiante (synthesis) e tutti indossavano il pileo, un cappello a forma di cono, con la punta arrotondata e dal bordo rialzato, simbolo degli schiavi liberati. Si eleggeva anche una specie di re burla, Saturnalicius princeps, che vestiva con una buffa maschera e con colori sgargianti, tra i quali spiccava il rosso, il colore degli Dèi, e del nostro Natale...

Si usava scambiarsi dei doni, specialmente candele di cera, piccole immagini o bambole di terracotta dette sigillaria, dolci e frutta secca ed esotica.

Marziale nei suoi Epigrammi, Libro 14, cita alcuni esempi di regali che si offrivano durante i Saturnali: tavolette di scrittura, dadi, salvadanai, pettini, stuzzicadenti, un cappello, un coltello da caccia, una scure, diverse luci, balli, i profumi, un maiale, una salsiccia, un pappagallo, tavoli, bicchieri, cucchiai, capi di abbigliamento, statue, maschere, i libri e animali domestici.

Non molto diverso dunque dagli oggetti e dalle piccole cianfrusaglie del nostro Natale...

Non ci sono prove che i Cristiani dei primi secoli celebrassero la nascita di Gesù. Infatti, in accordo con le leggi e la tradizione ebraica delle origini è molto probabile che le nascite non venissero affatto celebrate, in quanto tali celebrazioni erano considerate un'usanza pagana.

Nei Vangeli non compare nemmeno un riferimento preciso alla data della nascita di Gesù. Fu la Chiesa pertanto a fissare una data in questo senso, con l’obiettivo di arginare i culti pagani e possibilmente inglobarli nelle proprie celebrazioni, come molto probabilmente è accaduto con le usanze romane legate ai Saturnali.

http://www.vivereitalia.eu

VITERBO CHRISTMAS VILLAGE

 Tutta la magia del Natale a Viterbo. In una bellissima dimora del '400 potrai trovare La casa di Babbo Natale. Potrai visitare La Fabbr...