Fonte: http://www.ansa.it/
Uomini incappucciati, incatenati e scalzi, costumi d’epoca, immagini sacre in cartapesta, croci insanguinate, fuoco, colombe, stendardi, riti dei Santi protettori, urla: ogni città, ogni regione, ogni zona d’Italia celebra una propria Pasqua con riti e tradizioni diverse.
Li accomuna la rappresentazione teatrale della morte e della resurrezione di Cristo, catarsi collettiva che mette in scena il dolore per superarlo. Durante le celebrazioni pasquali le rappresentazioni viventi in tutto il Paese sono oltre tremila: la gente scende in piazza per celebrare e commemorare il calvario sacro di Cristo e la sua redenzione, dalla notte di venerdì quando sfila per le strade con le fiaccole, a piedi scalzi o in catene per rendere più faticoso il percorso dell’espiazione,alla domenica di Pasqua, quando, dopo la Messa, esplode l’elemento gioioso che si manifesta nel volo della colombe, nello scoppio dei mortaretti, nei fuochi d’artificio e nelle grida esultanti dei fedeli per ringraziare il Cristo risorto. Ogni borgo ha una storia da raccontare e lo fa attraverso usanze popolari diverse: da Nord a Sud è un susseguirsi di rappresentazioni sacre, di feste e di sagre. Conoscere ogni rito pasquale è come fare un viaggio nella storia e nel folclore del nostro Paese, un viaggio alla scoperta di tradizioni religiose, ma anche di antichi costumi artigianali e popolari.
Molte delle processioni più spettacolari si compiono in Sicilia: le celebrazioni, che risalgono a epoche antiche e che hanno assimilato riti e tradizioni popolari, sono drammatizzate in scenografie commoventi, vere e proprie rievocazioni storiche della passione di Gesù, dove il copione prevede l’eterna lotta del bene che sconfigge il male, della vita che vince sulla morte. Con la partecipazione commossa della gente si mettono in scena l’ultima cena, il trasferimento simbolico all’orto dei Getsemani, il tradimento di Giuda con la cattura di Gesù e il processo, il calvario, l’agonia e la sua morte, la deposizione, la sepoltura e la resurrezione. La processione dei Misteri di Trapani è senz’altro la più conosciuta: i fedeli, completamente coperti da cappucci e tuniche, sfilano a piedi nudi in processione seguendo un cerimoniale rigoroso stabilito già dal 1765 dalle Confraternite, le corporazioni di arti e mestieri di chiara origine spagnola. Ognuna esibisce un certo numero di statue in rappresentanza di un mestiere (mistere), che il venerdì santo porta assieme all’urna del Cristo morto e dell’Addolorata per le strade e le piazze della città fino alla cattedrale per farle benedire. Nelle processioni di Palermo compaiono le maschere della morte e dei demoni, mentre in quelle di Caltanissetta spuntano gigantesche statue di cartapesta che rappresentano gli apostoli. A Enna insieme alle croci si fanno sfilare i 24 simboli del martirio di Cristo: tra questi, la croce, la borsa con i trenta denari, la corona, la lanterna, il gallo, i chiodi e gli arnesi per la flagellazione. In provincia di Messina, invece, la processione assomiglia più a una sfilata carnevalesca, con corse, rumore di catene e squilli di trombe. I devoti indossano elmetti sui quali sono dipinti croci, pesci, cuori intrecciati, corni rossi o brevi frasi, tutti motivi tratti dalla simbologia popolare.
Anche in Sardegna i riti della Settimana Santa sono davvero suggestivi: a Sassari di grande effetto è la rappresentazione della Madonna dei Sette Dolori, quando la statua della Vergine, addobbata con oro e gioielli, viene portata in processione dai membri di tutte le confraternite alla ricerca del figlio morto, che si conclude la domenica di Pasqua in piazza Colonna Mariana con il loro suggestivo incontro. A Oliena, in provincia di Nuoro, si svolge l’originale rito della scrocifissione: Gesù viene tolto dalla Croce dalle “pie donne” (quelle menzionate nel Vangelo) e viene portato in due lunghe e sentite processioni lungo le vie del paese fino al Duomo. La gente segue il corteo ai lati delle strade e sui balconi, da dove spara in aria con fucili e pistole, annunciando la resurrezione. Ad Alghero la Pasqua ha forti radici spagnole e si celebra con grande fervore e con il coinvolgimento della popolazione. Per un’antica tradizione, che risale al 1501 quando nella città si insediò una colonia di Aragonesi, una statua lignea del Cristo viene esposta alla devozione dei fedeli, mentre le donne vestite a lutto vi si affollano per chiedergli la grazia. Anche qui il venerdì santo si assiste al rito della schiodatura del Cristo dalla croce e alla sua deposizione nella culla, quando dalla chiesa della Misericordia parte la processione che accompagna il Cristo al lume di candele ricoperte da cartoncini rossi. I fedeli avanzano con un antico passo di danza che mima l’atto del cullare il Cristo, mentre le Confraternite sfilano indossando cappucci a punta. La domenica di Pasqua il Cristo risorto incontra la Madonna tra voli di colombe e fuochi d'artificio.
In Puglia i fedeli incappucciati (perduni) di Taranto sfilano scalzi per la città a chiedere perdono, mentre in provincia di Bari, a Ruvo, si svolge la processione degli “otto Santi” che sfilano per le vie del centro, rischiarato dalle fiaccole portate dai confratelli e dalle bianche lenzuola appese ai balconi. Durante il corteo si assiste allo scoppio della Quarantana, un fantoccio che ha le sembianze di una vecchia signora vestita di nero, la cui esplosione segna la vittoria della vita sulla morte.
E’ impossibile citare tutti i luoghi dove si svolgono le processioni più spettacolari e affascinanti e raccontare la bellezza di tutti i riti e la loro partecipazione popolare. Ma ci sono alcune tradizioni che meritano una citazione, come quella dell’isola di Procida e di Firenze. La Settimana Santa di Procida è dal XVI secolo una delle più suggestive della Campania. Il giovedì santo, al tramonto, si svolge laprocessione dei dodici apostoli, organizzata dalla confraternita dei Bianchi, la più antica, fondata nel 1583. Terminata la funzione religiosa dodici confratelli si incappucciano e con una croce in spalla e una corona di spine sul capo procedono per le strade dell’isola. Al termine della processione nella sacrestia di una delle tredici chiese dell’isola si svolge l’ultima cena, dove si consuma un pasto a base di legumi, pesce arrostito, agnello, pane azzimo e vino. Infine il venerdì santo alle prime luci dell’alba inizia la processione dei “misteri”, statue portate a braccia rappresentanti scene della vita e della morte di Gesù, organizzata dalla confraternita dei Turchini fondata nel 1629 dai Padri Gesuiti. A Firenze la domenica di Pasqua si fa scoppiare il carro, che, trainato da buoi inghirlandati e scortato dagli sbandieratori, procede per le vie della città fino ad arrivare sul sagrato del Duomo, tra musica e grida. Il rito rappresenta la benedizione del fuoco e racconta una storia che risale alla prima crociata, nel 1096, quando Pazzino de’ Pazzi, cavaliere fiorentino al seguito di Goffredo di Buglione, piantò per primo lo stendardo cristiano a Gerusalemme. In ricompensa gli vennero donati alcuni frammenti di pietra del Santo Sepolcro, che riportò a Firenze e che usò per accendere il fuoco sacro del sabato santo. Da allora si rese la cerimonia più suggestiva costruendo un carro che portasse il fuoco tra le strade della città.
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